La loro difesa fu sì ben diretta e "tanti colpi diedero dal cassero e nelle loro sortite, che alla fine gli assedianti se ne partirono pieni di furore e di rabbia, non men che di obbrobrio e di scorno". Sfogarono quindi la loro collera rabbiosa contro Onano anche essa posseduta dai Monaldeschi della Cervara e contro la sua numerosa popolazione. La sorte di Onano fu ben diversa da quella di Torre Alfina. Preso a viva forza fu brutalmente saccheggiato e bruciato con strage degli abitanti, uccisioni, ruberie e crudeltà di ogni genere. Passato il ciclone dei lanzichenecchi, Camillo Monaldeschi si dedicò al governo dei suoi vasti feudi. Nel 1537 sorsero contrasti fra lui e la Comunità di Acquapendente e furono definiti i confini dei rispettivi territori. Il feudo di Trevinano fu confermato a Camillo Monaldeschi da Papa Paolo III nell'anno 1548. Il suo successore Pio IV, nel 1621 con un suo "breve" riconobbe la dipendenza di Trevinano da Orvieto: Da questa data ha inizio una lite giuridica che si protrarrà per più di 200 anni.
I trevinanesi tentarono ripetutamente di sottrarsi alla soggezione ad Orvieto e cercarono di rifiutare i geometri inviati da Orvieto per misurare i terreni per il Catasto del proprio territorio e non accettarono di pagare le tasse agli esattori di Orvieto. Della questione dovette occuparsene il giovanissimo Cardinale San Carlo Borromeo, nipote del Papa e già nominato Arcivescovo di Milano, il quale in data 17 dic 1561 scrisse da Roma al Governatore di Orvieto, comunicandogli il reclamo dei Monaldeschi ed ordinando di far eseguire la misurazione del territorio di Trevinano, ma solo come "Commissario particolare di Nostro Signore", cioè del Papa, senza pregiudizio per i diritti dei Signori feudatari.
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